I cento anni del Pierrot lunaire in Italia

Gli Amici della Musica di Padova celebra il ciclo schönberghiano a cento anni dalla prima esecuzione italiana con un prezioso concerto all’Auditorium Pollini

Pierrot lunaire
Pierrot lunaire
Recensione
classica
Padova, Auditorium Pollini
Pierrot lunaire
04 Aprile 2024

Era il 4 aprile 1924 quando presso l’Istituto Musicale “Cesare Pollini” di Padova la Società di Comncerti “Bartolomeo Cristofori” accoglieva il Concerto della Corporazione delle Nuove Musiche di Roma, fondata da Alfredo Casella con Gian Francesco Malipiero e Gabriele D’Annunzio. Iniziata a Roma il 29 marzo, la tappa padovana proponeva in apertura il Concerto per due violini, viola e violoncello di Alfredo Casella, fresco di composizione, e soprattutto il Pierrot lunaire di Arnold Schönberg, presentata per la prima volta in Italia dopo la prima berlinese presso la Choralion-Saal il 9 ottobre 1912. Una tournée importante, che nella tappa fiorentina il 1 aprile, vide l’incontro fra Arnold Schönberg, sul podio per la sua composizione, e uno spettatore illustre come Giacomo Puccini, che da Schönberg ricevette in dono la partitura della composizione (“Chi ci dice che Schönberg non sia il punto di partenza per una lontana meta futura? Oggi, o io non capisco nulla, o siamo lontani, come Marte dalla Terra, da una concreta realizzazione artistica” commentò il Lucchese).

A cento anni esatti da quell’evento, la stagione degli Amici della Musica di Padova ha ricordato quell’evento storico con una serata musicale all’Auditorium “Cesare Pollini” il cui piatto forte era proprio la composizione di Schönberg, presentata dopo tre composizioni di tre nomi iconici delle avanguardie musicali del primo ventennio del Novecento, tutti legati alla figura del grande compositore austriaco. Apriva la serata Sicilienne e Burlesque di Alfredo Casella, che di quella storica tournée fu l’anima, composizione del 1914 di fresca ispirazione francese, presentata dal brillante flauto di Irena Kavčič accompagnata dal sensibile pianoforte di Alexander Lonquich. Seguiva la Sonata in re minore di Claude Debussy del 1915, che nell’intenzione del suo autore doveva intitolarsi Pierrot faché avec la lune in omaggio all’ariosa pittura di Antoine Watteau ma non priva di tinte malinconiche e annotazioni spiritose. Messe da parte le tipiche trasparenze brumose del compositore francese, l’energica esecuzione di Enrico Bronzi al violoncello accompagnato ancora da Lonquich proiettava questo Debussy con decisione sul vitale terreno delle avanguardie musicali dell’epoca. La chiusura della prima parte era affidata alla musica di Igor Stravinskij, spettatore di eccezione alla Choralion-Saal nel 1912, che ironicamente racconta: “Ricordo anche che il pubblico era silenzioso e attento, e che io avrei voluto che tacesse anche Frau Zehme (committente e prima esecutrice del lavoro, NdR), per darmi modo di sentire la musica. A Djaghilev e a me il Pierrot fece una grande impressione, anche se lui lo catalogò come Jugendstil.” Del compositore russo veniva proposta la suite da l’Histoire du Soldat nella versione per clarinetto, violino e pianoforte del 1919. I cinque pezzi della suite venivano proposti con brillante virtuosismo dal violino “diabolico” di Ilya Gringolts e dal sinuoso clarinetto di Tommaso Lonquich in trio con il brillante pianoforte di Alexander Lonquich.

Dopo la pausa, si ritrovavano i solisti in quintetto per l’attesa celebrazione del Pierrot Lunaire di Schönberg. Cancellata la presenza della violinista Patricia Kopatchinskaja nell’insolito ruolo di voce recitante per Schönberg, toccava a Mojca Erdmann misurarsi con la geometrica prosodia delle “tre volte sette” poesie del belga Albert Giraud nella versione tedesca di Otto Erich Hartleben. Decisamente più cantante che ruvida “Sprechstimme”, Erdmann attraversava i surreali paesaggi sonori fortemente sbalzati della scrittura schönberghiana con passo leggero e il distacco necessario dall’estro surreale del materiale poetico. Di grande valore l’accompagnamento dei cinque musicisti, egualmente abili negli impervi virtuosismi solistici quanto equilibrati nell’amalgama degli ensemble.

Un prezioso omaggio alla memoria salutato con calorosi applausi dal folto pubblico presente.

 

 

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